Luoghi e storie di Lugnano in Teverina
Il Palazzo della ex Fabbrica
La
Fabbrica
può
considerarsi
il
simbolo
dell'economia
agricola
e
dei
tentativi
di
industrializzazione
di
Lugnano.
Costruita
nei
primi
del
Novecento
dal
conte
Vannicelli-Casoni,
su
disegno
dell'Ingegner
Zampi,
intorno
al
1920
viene
utilizzata
dalla
famiglia
Vannicelli
per
farne
prima
un’industria
adibita
alla
fabbricazione
di
lampadine
(la
Helios),
quindi
una
mola
e
un
pastificio.
Queste
attività
hanno
vita
breve:
con
il
fallimento
dei
Vannicelli,
la
Fabbrica
passa
di
mano
in
mano,
fino
a
giungere
ai
Santori,
che la trasformano in un centro agricolo.
Negli
anni
'90
il
Comune
di
Lugnano
acquista
l’edificio
per
farne
un
polo
culturale.
In
varie
fasi,
vengono
ristrutturati
i
suoi
quattro
piani
e
la
Fabbrica
diventa
il
centro
culturale,
ricreativo
e
di
promozione
turistica
del
paese:
ospita
il
Museo
Civico,
il
ricco
Archivio
Storico
(di
cui
fa
parte
l'antico
statuto
del
1508:
Statuta
Communitatis
Terrae
Lugnani
),
un
teatro
molto
attivo,
una sala per mostre temporanee e conferenze, insieme ad altre iniziative di promozione turistica.
Le storie della Grande Guerra
Il
Museo
Civico
di
Lugnano
–
che
ha
sede
nel
Palazzo
della
Ex
Fabbrica
–
racconta
le
storie
della
Grande
Guerra,
con
la
sua
particolare
raccolta
di
oggetti
e
testimonianze.
Tutto
ha
inizio
dalle
ricerche
di
un’insegnante,
figlia
di
un
tenente
medico
al
tempo
della
Prima
Guerra
Mondiale,
che
decide
di
ripercorrere
i
luoghi
dove
il
padre
ha
vissuto
in
quel
periodo
e
di
rendere
pubblico
il
frutto
della
sua
esperienza.
Dalle
indagini
-
condotte
insieme
allo
storico
Terzo
Pimpolari
-
emerge
il
profilo
dei
nostri
soldati,
che
combattevano
lungo
le
frontiere
alpine
ma
provenivano
dai
luoghi
più
disparati
d’Italia:
prelevati
in
massa
dalle campagne, per lo più analfabeti e ignari di ciò a cui sarebbero andati incontro.
Il
materiale
esposto
nel
Museo
mette
in
evidenza
proprio
la
difficoltà
dei
soldati
a
sopravvivere,
oltre
che
alla
guerra,
anche
all’ambiente
aspro
e
sconosciuto,
con
dotazioni
e
mezzi
scarsissimi,
spesso
del
tutto
inefficaci:
dagli
scarponi
con
le
suole
di
cartone,
assolutamente
inadeguate
al
freddo
e
alla
neve,
agli
oggetti
di
vita
quotidiana
e
a
quelli
legati
all’alimentazione,
come
gavette,
borracce,
posate
e
scatolette
di
cibo
conservato.
Il
rancio
giornaliero
era
trasportato
a
dorso
di
mulo
nelle
casse
termiche
di
cottura
(antenate
delle
pentole
a
pressione),
che
contenevano
marmitte
coibentate,
in
grado
di
mantenere
la
temperatura interna di 60° C per oltre 24 ore: la cottura del cibo, quindi, avveniva in gran parte durante il trasporto.
Il
Museo
testimonia
in
modo
tangibile
uno
spaccato
di
vita
quotidiana
della
Grande
Guerra,
che
è
parte
integrante
della
memoria collettiva e della nostra storia.
La villa romana di Poggio Gramignano
E’
venuta
alla
luce
negli
anni
’80,
nel
territorio
di
Lugnano,
una
importante
villa
romana
del
I
secolo
a.C.,
costruita
su
terrazze
e
in
posizione
collinare,
che
rispecchia
le
condizioni
ottimali
indicate
dagli
agronomi
latini
per
l’insediamento
delle
ville
rustiche.
La
sua
struttura
architettonica
molto
articolata
risponde
al
modello
della
villa
perfecta
,
teorizzato
da
Varrone.
Si
trattava
infatti
di
una
villa
capace
di
accogliere
e
conciliare
due
poli
opposti,
quello
dell’utilità
e
del
diletto,
essendo
dotata
sia
di spazi destinati all'
otium
, sia di aree di servizio adibite all’agricoltura e all'allevamento.
Nella
villa
era
praticata
la
viticoltura,
collegata
alla
coltivazione
dei
salici
usati
per
legare
le
viti
pregiate,
di
cui
l’agro
amerino
andava famoso. Le altre colture, destinate al commercio a breve raggio, erano il frutteto e l’
hortus
.
Il
quartiere
signorile,
destinato
ad
abitazione
dei
proprietari,
era
situato
sul
pendio
della
collina
aperto
verso
la
vallata;
mentre
il
quartiere
adibito
alla
servitù
e
le
aree
agricole
sorgevano
su
due
piccole
terrazze
degradanti:
una
soluzione
architettonica
ben
modellata
sull’ambiente
naturale
e
in
posizione
panoramica,
che
dimostra
una
particolare
attenzione
al
godimento
del
paesaggio.
Il
punto
focale
del
quartiere
signorile
era
un
ampio
vano
colonnato,
coperto
da
una
volta
a
piramide,
usato
come
luogo
di
rappresentanza
e
fiancheggiato
da
una
stanza
con
pavimento
a
mosaico.
L’esistenza
di
una
zona
di
ricevimento
così
straordinaria
fa
pensare
che
il
dominus
della
villa
fosse
un
personaggio
in
vista,
in
grado
di
stupire
i
suoi
ospiti
con
un
ambiente insolito e ricercato.
Il mistero della Necropoli dei Bambini
Nella
zona
della
villa
romana
di
Poggio
Gramignano
riservata
alla
servitù,
gli
scavi
del
Prof.
Soren
dell’Università
dell’Arizona,
hanno portato alla luce, negli anni ’90, un eccezionale ritrovamento archeologico di epoca
tardo romana
.
Si
tratta
di
una
serie
di
sepolture
del
V
secolo
,
che
riguardano
esclusivamente
corpi
di
bambini
(in
maggioranza
neonati
)
e
feti
abortivi
.
Vari
indizi
suggeriscono
che
le
morti
si
consumarono
tutte
in
un
arco
di
tempo
brevissimo;
inoltre,
da
alcuni
arbusti
ritrovati,
si
può
stabilire
che
i
piccoli
morirono
tutti
in
piena
estate:
una
circostanza
questa
che
ha
indirizzato
gli
studiosi
verso
l'ipotesi
di
una
pestilenza.
La
ricerca
ha
dato
origine
a
un
filone
di
indagini
interdisciplinari,
che
sono
giunte
alla
conclusione
di
trovarsi di fronte alla prima evidenza archeologica della
malaria
.
La
Necropoli
ha
proposto
ai
ricercatori
anche
una
nuova
indagine:
pur
essendo
situata
in
un’area
geografica
da
tempo
cristianizzata,
presentava
inconfondibili
tracce
di
antichi
riti
di
stregoneria
e
di
sacrifici
pagani
,
ma
nessun
segno
di
cristianità
nelle
sepolture.
Le
supposizioni
degli
studiosi
lasciano
pensare
alla
sopravvivenza
nella
zona
di
una
comunità
ancora
profondamente
legata
al
paganesimo.
Teoria
questa,
però,
in
contrasto
con
la
pratica
stessa
della
sepoltura
dei
bambini
di
così
breve vita, che era del tutto sconosciuta nel mondo pagano.
Il Convento di San Francesco e la leggenda dell’anatra
Il
Convento
di
San
Francesco
è
un'articolata
struttura
architettonica
di
grande
impatto
visivo,
che
risale
ai
primi
anni
del
Duecento:
conserva
una
cinta
muraria,
una
chiesa,
un
monastero
e
un
suggestivo
chiostro
ornato
da
colonne
in
travertino,
con
affreschi che raccontano un’antica leggenda.
Si
narra
che
durante
una
predicazione
del
Santo,
un
bambino
fu
rapito
da
un
lupo,
proprio
mentre
passava
in
volo
un’anatra
selvatica:
Francesco
invocò
il
suo
aiuto
e
l’anatra
assalì
il
lupo,
liberando
il
bambino.
Il
Convento
è
stato
costruito
dal
popolo
di
Lugnano nel luogo in cui San Francesco operò il miracolo.
Durante
il
Seicento,
ha
avuto
vari
interventi
di
gusto
barocco,
che
ne
hanno
trasformato
in
parte
l’aspetto.
E’
rimasto
in
uso
dei
Francescani fino ai primi decenni del Novecento e oggi è di proprietà privata.
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